La motivazione del dipendente

Come nasce la motivazione di un dipendente? Oggi affrontare questo tema equivale ad addentrarsi in un ginepraio di norme e sentimenti comuni difficile da gestire senza inimicarsi qualcuno, pertanto ci limiteremo a condividere alcune riflessioni generali.

Partiamo da lontano con un riferimento sociologico, la famosa piramide di Maslow. Abraham Maslow fu un sociologo americano vissuto tra il 1908 e il 1970, conosciuto in particolare per la “piramide dei bisogni e delle motivazioni”, un modello che ideò nel 1954. In sintesi, secondo Maslow l’individuo deve realizzare alcune priorità fondamentali per la sopravvivenza prima di aspirare a bisogni di livello superiore. Per semplificare, prima di pensare all’arte e alla cultura, l’uomo deve assicurarsi i pasti e un riparo sulla testa.

La prima necessità di ciascuno di noi - sembra una banalità - è il cibo. Nel mondo occidentale contemporaneo è scontato disporre di cibo in abbondanza, ma non è così in natura e nei paesi meno fortunati. Se ogni giorno temessimo di non poterci sfamare, certamente non penseremmo alla macchina nuova, all’iPhone o ai numerosi aspetti ludici, culturali e sociali che ottengono, invece, tutta la nostra attenzione.

Soltanto dopo aver soddisfatto appieno le esigenze primarie di sopravvivenza potremo dedicarci alla necessità successiva, in una gerarchia dei bisogni di Maslow.

I 5 livelli della piramide di Maslow

I livelli di bisogno nella piramide di Maslow, partendo dalla base, sono i seguenti: 

  1. livello - Fisiologico: respirare, dormire, mangiare, protezione dall’ambiente esterno;
  2. livello - Sicurezza: sicurezza fisica, occupazione lavorativa, senso morale, salute, proprietà, famiglia;
  3. livello - Appartenenza: amicizia, affetto familiare, intimità;
  4. livello - Stima e autostima: autocontrollo, realizzazione sociale, rispetto reciproco;
  5. livello - Auto-realizzazione: moralità, creatività, spontaneità, risoluzione dei problemi, accettazione sociale.

Dove ci porta tutto questo

Proviamo a considerare la moltitudine dei dipendenti d’azienda pensando alla gerarchia dei bisogni di Maslow.

Un normale dipendente, solitamente, è sicuro di potersi nutrire a sufficienza e gode di un riparo che lo protegge dall’ambiente esterno. Per astrazione, le fondamentali esigenze di sopravvivenza sono quindi garantite per tutti i dipendenti.

Il secondo livello è quello della sicurezza. Possiamo immaginare che in media (a parte qualche guaio familiare), anche questo bisogno sia garantito, pur con riserva. La “riserva” è rappresentata dalla sicurezza del posto di lavoro.

L’unica incognita a questo livello è il mantenimento dell’impiego, che dipende principalmente dalla salute dell’azienda d’appartenenza e, in minima parte, dall’operato del lavoratore stesso. Infatti, è raro che un licenziamento sia causato dal dipendente in quanto sostenuto dalle organizzazioni sindacali e tutelato dalla legge, oltre al fatto che - di solito - chi un’occupazione ce l’ha, ci tiene a mantenerla ed evita comportamenti che possano comprometterla.

Una volta assicurate le necessità basilari di vita e familiari, il lavoratore non teme minacce particolari. D’altro canto, non essendo certo di mantenere la propria occupazione, non ha la serenità per dedicarsi alle aree superiori, come l’appartenenza, la stima e l’autorealizzazione. In parole povere, fintanto che un lavoratore si sentirà insicuro del suo posto di lavoro, difficilmente penserà al gruppo di appartenenza, a realizzarsi socialmente e alla creatività. Infatti, al secondo livello sarà poco motivato a impegnarsi oltre il minimo sufficiente per onorare il contratto di assunzione.

Una volta assolti i doveri basilari di lavoro, egli non ha ulteriori obblighi o rischi, se non augurarsi che la sua azienda prosperi e non sia costretta a licenziare.

   

Il punto diventa allora la motivazione per operare bene e con costanza, “fare di più” per favorire l’azienda dove lavora.

   

Immaginiamo che il titolare sia malvisto dai dipendenti. In una situazione come questa i collaboratori si limiteranno al minimo indispensabile per non essere criticati, ma non faranno nulla per favorirlo. Se i dipendenti non hanno a cuore il successo e la prosperità dell’azienda in modo genuino, questo sentimento trasparirà nelle loro azioni e sarà percepito dalla clientela: viene a mancare quella sensazione attraente data dalla professionalità e da una autentica volontà di crescita. 

Cosa succede in negozio

Capita spesso di entrare in negozio e notare un venditore che sta parlando con una persona, mentre altri clienti attendono il proprio turno: nessuno li considera, sono indispettiti e magari - dopo aver aspettato un po’ - se ne vanno, delusi e frustrati nella loro intenzione di acquisto. Sarebbe bastato davvero poco dire:

 

“Buongiorno, sono subito da voi”

 

per farli sentire accettati e porre le basi di un gratificante interesse umano.

Si vede subito quando un dipendente sta facendo il suo dovere e nulla più. Questi contatti persi non sono importanti per il venditore che si comporta come sempre. In questo caso, non gli interessa che ci vada di mezzo il buon nome dell'azienda (tanto non è la sua) e non si sente in difetto perché il suo lavoro non è messo in discussione.

Questa descritta sembra una questione poco rilevante, ma costituisce, invece, un’enorme differenza, sia dal punto di vista del cliente - che non tornerà mai più in negozio, oppure ne sarà poco attratto - sia per il titolare che non ha un’attività attraente; inoltre non riceve un pieno ritorno dai costi che sostiene per i collaboratori.

  

Al contrario, è il titolare per primo che accoglie a braccia aperte ogni singolo cliente dimostrando un genuino interesse umano. 

il titolare è già arrivato al livello di auto-realizzazione che è in cima alla piramide di Maslow


 

Infatti, il titolare è molto motivato a far crescere la propria azienda e a fare bene in quanto ha già raggiunto e consolidato i bisogni di livello inferiore. Ora tutta la sua concentrazione è dedicata a far crescere il proprio successo.

Che ci piaccia o no, un atteggiamento rivolto al cliente, una motivazione di vera crescita, il senso della vendita e del successo, possono essere realizzati soltanto da chi ne abbia un profondo interesse personale.

Dal punto di vista dei clienti

Il visitatore che entra in negozio, ovviamente, non pensa affatto alla piramide di Maslow: è al quarto livello di autostima e sta pensando di gratificarsi con un bell'acquisto, per esempio con un capo di abbigliamento. A seconda dei casi, il cliente può ricevere due tipi diversi di attenzione, dipende da chi lo accoglierà: un commesso oppure un titolare o socio.

  • Il primo tipo di attenzione è prevedibile e scontato: è la considerazione che ricevono tutti quando si è accolti da un dipendente. In questo caso l’avventore percepisce subito di avere di fronte un venditore, uno per il quale - in generale - la soddisfazione della clientela non concorre alla propria realizzazione (livello più alto della piramide), ma semplicemente uno che fa quello che deve fare per lo stipendio a fine mese.   
  • Nell’altro caso - quando il cliente ha di fronte il titolare, oppure un socio - l’interazione avviene con una persona fortemente motivata a far funzionare la relazione e, di conseguenza, l’azienda. Il cliente si sentirà genuinamente coinvolto, ascoltato e seguito con interesse. Alla fine dell’incontro conserverà un'impressione molto più profonda e genuina della persona che lo ha accolto e la trasferirà a tutta l’attività. In seguito, quando racconterà la sua esperienza agli amici, lo farà con entusiasmo e coinvolgimento.

La soluzione si chiama senso di appartenenza

La motivazione personale è alla base del rapporto costruito con il cliente. Dobbiamo chiederci cosa possiamo fare per migliorare la motivazione dei dipendenti affinché diano un’immagine attraente del nostro negozio quando noi non ci siamo, ripetiamo, quando noi non ci siamo!

Aumentare lo stipendio a tutti non è la soluzione. L’accredito a fine mese non è in discussone, sarebbe soltanto un “contentino” che otterrebbe un effetto immediato ma di breve durata e nel giro di poche settimane tornerebbe l’atteggiamento di prima. Se soldi devono essere, sarebbe meglio - invece - riconoscere un incentivo in proporzione ai risultati. Potendo contare comunque su uno stipendio di base, anche in questo caso la motivazione del dipendente sarebbe limitata, e non abbiamo detto nulla di nuovo.

Cosa, allora, potrebbe migliorare la motivazione dei nostri collaboratori? Se vogliamo credere alla piramide motivazionale di Maslow, sembra proprio che la risposta sia “appartenenza” (3° livello) e “rispetto reciproco” (4° livello), che si raggiungono quando la sussistenza, l’abitazione e una discreta situazione famigliare sono assicurate (oltre alla certezza del posto di lavoro).

Dobbiamo quindi concentrarci non su premi e aumenti di stipendio, ma sul senso di appartenenza e sul vero rispetto reciproco delle persone che lavorano con noi. Ogni collaboratore deve percepire l'azienda come se fosse un po’ anche sua e non soltanto un posto dove recarsi ogni giorno per lavorare.

Lo stipendio a fine mese diventa meno rilevante quando si è appagati. Soltanto quando i collaboratori avranno la sensazione di essere importanti per l’azienda e si sentiranno coinvolti nelle decisioni strategiche, allora la loro motivazione personale potrà rafforzarsi. Fare in modo che i dipendenti sentano la azienda “un po’ loro” - e non solo un luogo dove passare la giornata - fa un’enorme differenza.

Differenza che sarà subito percepita dalla clientela… e dai nostri collaboratori che diventeranno “partner”.