Perché è così difficile passare all'azione?

Le nostre azioni parlano di noi. Ciò che facciamo è comunicazione non verbale. Con le nostre scelte (oppure non scegliendo) diciamo agli altri qualcosa di noi stessi.   

Agire è comunicazione. Viviamo in un mondo di parole dove mancano i fatti concreti. Tutti parlano e nessuno fa nulla.

Allora, diventa naturale chiedersi: 

 

“Perché è così difficile passare all’azione?”

 

Vediamo insieme alcune considerazioni sulla difficoltà di agire concretamente, per esempio, dopo un incontro di lavoro.

Essere consapevoli dei meccanismi psicologici che, solitamente, allontanano dall’azione, aiuta a mettere in pratica i propri obiettivi.

Pensiamo alle riunioni di lavoro. Sarà capitato anche a voi di spendere parte della giornata in incontri con colleghi e responsabili. 

“Un’altra riunione inutile”; “È solo una perdita di tempo” è il pensiero comune.

Perché le riunioni non servono a nulla, o meglio, difficilmente portano qualcosa di concreto?

  • “Sì, sì, è vero. Sono perfettamente d’accordo con te…”
  • “Parole sante le tue, è esattamente così, tant'è vero che pensavo proprio di fare in questo modo…”
  • “Sei stato bravo a riassumere chiaramente quello che tutti pensiamo…”
  • “È triste ammetterlo, ma è proprio così che succede…”
  • “Sì, sì, ti ascolto. Non dico nulla perché sto riflettendo sulla realtà dei fatti…”
  • “Mi sono reso conto che tutti i giorni, proprio davanti ai miei occhi…”
  • “Interessantissimo quello che dici, bisognerebbe organizzare più spesso questi incontri…”
  • “Adesso che ne abbiamo parlato tutti insieme, vedrai che le cose cambieranno… Ti tengo informato, senz’altro.”
  • “Bravo, hai proprio messo i puntini sulle 'i'…”

Ecco un esempio di commenti a conclusione di una riunione di lavoro o di un corso di formazione, dove si toccano i punti dolenti della gestione di un’azienda.

Lo scopo di questi incontri è proprio quello di proporre soluzioni per migliorare gli aspetti organizzativi o logistici dell’attività.

Spesso, non si tratta di affrontare complessi problemi strutturali – che richiederebbero un impegno importante, per esempio in termini economici – ma si sta parlando di quello che si potrebbe fare subito, in concreto, per ottenere un miglioramento immediato.

Non stiamo dicendo di trasferire l’attività all’estero, per intenderci, né di rilevare un’azienda più grande oppure un negozio in centro!

Abbiamo partecipato alla riunione pieni di entusiasmo, condiviso nuove idee e suggerimenti utili per cambiare le cose: ma cosa accade dopo l’incontro?

Tra il dire e il fare… non cambia nulla!

Durante la riunione sono tutti d’accordo, si crea un bel clima di squadra ricco di voglia di fare. Poi, torniamo al nostro posto di lavoro come se nulla fosse accaduto e tutto torna come prima.

Perché è così difficile mettere in pratica quanto stabilito in riunione? Che fine fanno quei contenuti che hanno riscosso unanime entusiasmo da parte di tutti?

Mesi dopo, chi ha partecipato all’incontro, si ritrova - e i discorsi sono sempre gli stessi:

  • “Com’è andata?”
  • “Come va in ufficio? Ti ricordi che avevamo identificato una linea d’azione…”
  • “Come si sono evoluti, poi, i cambiamenti in negozio?”
  • “Tutto è rimasto uguale, sai. Del resto, il tempo è quello che è, c’è sempre tanto da fare…”
  • “Sì, l’incontro è stato interessantissimo, ma poi, quando arrivo in azienda, ci sono mille cose da fare, il tempo vola… non riesco più a far mente locale.”
  • “Per carità! Meglio non mettere in discussione quello che funziona, non si sa mai…”
  • “Cambiare le cose è sempre difficile. I dipendenti hanno le loro abitudini, sai…”

E così tutto rimane uguale a prima, pochissimi mettono in atto cambiamenti concreti, la gran parte dei progetti nati durante la riunione rimane pura teoria.

Perché le buone intenzioni non diventano realtà?

Non vogliamo, ora, proporre il tema trito della distanza fra “il dire” e “il fare”, ma riflettere su ciò che accade dopo aver condiviso con altre persone - e con grande entusiasmo - un piano comune e facile da attuare.

  • Quanti di noi mettono in pratica davvero le strategie stabilite durante le riunioni?
  • Perché è così difficile pianificare un’azione e poi eseguirla?
  • Perché è così arduo cambiare la realtà?

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il “dare”

Cosa significa questa frase? Cosa dobbiamo “dare”?

Dobbiamo abituarci a dare impegno, decisioni, leadership, fiducia, esempio, positività, energia, lavoro, creatività, concretezza, azioni. In una parola: dare “fatti”.

 

Dare fatti concreti, in prima persona, senza aspettare che lo facciano gli altri.

 

La cosa più difficile è fornire i fatti. La concretezza, ecco cosa ci manca!

Ognuno di noi, prima di lamentarsi e criticare, dovrebbe fare un esame di coscienza e chiedersi:

  • "Ma io, che cosa ho fatto di concreto?”
  • “Ma io ho dato?”
  • “Ma io ho fatto?”
  • “Ho impegnato davvero una parte di me e delle mie energie?”
  • “Mi sono adoperato pienamente affinché le cose cambiassero?”
  • “Ho messo in atto un’azione che possa modificare il corso degli eventi e andare oltre la loro abituale evoluzione?”

La differenza fra “parlare” e “fare” è semplicemente chiedersi se abbiamo dato una parte di noi.  

È la base della realizzazione di se stessi: la consapevolezza di aver fatto qualcosa, di essersi spesi, di aver tentato di cambiare il corso degli eventi.

In altre parole, è questo ciò che ci fa star bene. Poter arrivare a casa la sera, voltarci indietro e guardare il campo di battaglia alle nostre spalle con soddisfazione, anche se abbiamo messo in atto soltanto un piccolo passo, ma nella direzione del cambiamento.

“Non si può fare”, “Non ne sono capace”

Se il primo uomo comparso sulla terra avesse pensato in questo modo, probabilmente ora non saremmo qui a ragionarci sopra!

Non limitiamoci a usare la nostra “incapacità di agire” come scusa per non fare le cose, per non affrontare i problemi. Agiamo in prima persona, usiamo la nostra testa, il nostro tempo, mettiamoci tutta la cura e la fatica del vero impegno.

Non limitiamoci a pagare con il denaro il tempo degli altri, non lasciamo che siano altri a decidere della nostra attività: agiamo noi in prima persona, non rimandiamo!

Troppo comodo sedersi e lamentarsi che le cose non girano, perché non si “riceve”. Ben più difficile, invece, è stabilire quanto abbiamo “dato” in termini di energie personali.

Per dire che ci abbiamo provato, per meritare dei risultati, dobbiamo veramente voler cambiare le cose. Dobbiamo metterci “del nostro” per creare dove non c’è nulla. 

Cambiare davvero

Per cambiare davvero la realtà, dobbiamo compiere azioni mai fatte prima e diventare persone che non siamo mai state.

Retorica? Certamente, ma se continuiamo a comportarci some abbiamo sempre fatto, otterremo gli stessi risultati di sempre.

Se le cose non vanno bene, e agiamo in modo abituale, come potremmo aspettarci un miglioramento? Chi dovrebbe preoccuparsi di cambiare la nostra situazione se non cominciamo noi stessi per primi?  

 

“Tanto non cambia nulla”
“Tanto io sono fatto così”
“Tanto le cose non cambieranno mai”

 

non sono certo le frasi migliori per ottenere un miglioramento!

Il cambiamento vero richiede un’innovazione radicale. Se non siamo pronti a impegnarci davvero, stiamo facendo per finta.

E qui emerge la vera intelligenza imprenditoriale: la cosa più difficile è proprio “saper fare”, prendere decisioni quando non si sa come muoversi, quando cioè ci troviamo nella situazione per la prima volta e non abbiamo alcuna esperienza. 

Anche lo stile di conduzione di un’attività imprenditoriale è comunicazione.

Agire dà sicurezza

Tutti hanno paura, è normale. Rimandare, temere, preoccuparsi sono comportamenti che generano ansia. Agire, al contrario, dà sicurezza. La consapevolezza che si sta facendo qualcosa in concreto distoglie dall’incertezza del risultato e fa stare bene.

Concentrarsi su azioni reali allontana timori e preoccupazioni. Quindi, passiamo all’azione senza dare spazio a pensieri negativi! Affermazioni come:

 

“È tutto tempo sprecato”

“Tanto non serve a nulla”

oppure “Lo so già che non ci riesco”

  

non portano da nessuna parte!

Non rimandare, non trovare scuse per non fare

La parole d’ordine da oggi in poi dev'essere soltanto una: “Fare”.

Mettiamo in pratica subito ciò che abbiamo in mente. Non rimandiamo la telefonata, non procrastiniamo le decisioni, non troviamo scuse per non fare le cose.

Rimandare aumenta l’ansia e allunga l’elenco dei problemi da risolvere sovraffollando la nostra mente di cose da affrontare. Molto meglio, invece, agire subito e vedere cosa succede, senza tormentarsi con mille supposizioni.

Ricchi subito

Oggi siamo tutti attratti dal successo immediato. Come se fosse possibile avere successo o diventare ricchi velocemente e senza impegnarsi.

Conosciamo tutti leggende di quel tale che ha raccolto uno spillo da terra e ora è milionario; del tal altro che si è trovato nel posto giusto al momento giusto e ora è amministratore della tale azienda… e le storie come queste potrebbero essere infinite.

Siamo stregati dai media e dal pensiero collettivo che propone un facile successo a fronte di scarse qualità. Questo è il sogno americano: una fortuna che arriva troppo spesso e ovunque... come se fosse facile per tutti diventare ricchi e famosi.     

Le menti geniali, in realtà, sono rarissime, e non è detto che portino al successo. Tutti abbiamo le medesime risorse intellettuali e pratiche: la differenza sta nella psicologia del singolo, nella volontà e nella capacità individuale di passare all’azione e perseverare.

 

Tutti coloro che hanno avuto successo non sono superuomini ma persone come noi; le loro giornate durano 24 ore come le nostre:

hanno semplicemente continuato a "fare" per risolvere i problemi e superare le difficoltà.

le persone di successo hanno sperimentato direzioni diverse, errori e fallimenti prima di trovare la strada giusta


 

Tutti sbagliano, ma il vero fallimento non è sbagliare ma non riuscire a rialzarsi.

Quanti di noi per cambiare vita giocano al totocalcio, quanti hanno già stabilito come spendere la vincita e immaginato la faccia che farebbero capi e colleghi?

Sognare è legittimo, ma su basi concrete. Invidiare chi ha avuto successo dev'essere l’occasione per dire: “Posso farlo anch’io!"

Il primo passo per “fare” è essere consapevoli che bisogna “dare”, impegnarsi, spendersi in prima persona.

 

Prima dobbiamo fare per noi, poi per gli altri. Soltanto chi è appagato con se stesso può trovare in sé energie da dedicare agli altri.

Un esempio concreto

Il bancone della reception (oppure la scrivania, la vetrina, il magazzino, il furgone, l'archivio) è sporco e disordinato, non c’è mai una penna che scriva o un blocco per appunti, fa cattiva impressione con i clienti e anche noi non troviamo mai nulla.

Per prima cosa, pulisco il bancone e metto tutto in ordine. Non mi pongo il problema se sia compito mio o meno - lo faccio e basta. Rendo cosa gradita a me stesso: sono una persona che vale e voglio lavorare in un ambiente pulito e ordinato.

Secondariamente, il mio lavoro è utile e “dato” anche agli altri, che ne trarranno a loro volta beneficio.

 

“Io metto in ordine e poi torna tutto come prima”;

“Pulisco e loro sporcano”;

oppure: “Dopo cinque minuti è più sporco di prima” 

prontamente s'innalza un coro di lamenti.

 

Non è questo il punto. Il bancone della reception comunica attraverso la comunicazione non verbale. Dice agli altri qualcosa dell’azienda. I fatti da soli parlano. Agire è comunicazione, come dicevamo all’inizio.

Un bancone pulito e ordinato accoglie, dà l’esempio, chiede rispetto. È un biglietto da visita per chi viene a trovarci per la prima volta. Chi lo sporca cambia in peggio qualcosa che è di tutti.

 

Cosa ben diversa è dire: “Bisogna tenere il bancone in ordine”, tutti d’accordo e poi nessuno fa nulla.

Bisogna agire, le parole non bastano.

 

Agiamo senza indugi e per primi: vedremo subito il risultato delle nostre azioni senza perderci in congetture.

Un’azione concreta vale più di mille parole

Cominciamo ad agire. Anche questo è comunicazione: dice agli altri che abbiamo voglia di fare (o di non fare). A ogni azione ne seguirà un’altra e un’altra ancora, via via con maggiore facilità.

Se ci abituiamo ad affrontate subito le attività più semplici, scopriremo quanto è facile mettere in atto anche quelle più complesse.

“Fare” non è poi così difficile! In fondo, anche la vetta più alta si raggiunge un passo alla volta.

Passare all'azione

“Ho sentito dire che il tale fornitore ha cambiato spedizioniere e non consegna più, allora è meglio aspettare prima di fare un nuovo ordine, non si sa mai”. 

“Lo chiamo subito, anzi, passo da lui così ne parliamo direttamente. Forse insieme possiamo trovare una soluzione valida per tutti e magari migliorare le cose”.   

 

“La mia segretaria continua a dirmi che il telefono squilla tutto il giorno e lei non riesce a starci dietro. Prima o poi dovrò assumere qualcuno per il centralino”. 

“Dico subito alla segretaria di cominciare a cercare una centralinista, metto la ricerca in bacheca così anche i miei dipendenti lo sanno e sento il commercialista. Magari per fine mese avrò delle candidate da intervistare”.     

 

“Tutte le volte che arrivo in azienda non riesco a entrare in cortile con la macchina, devo fare mille manovre. E poi ci sono quegli orribili bidoni della carta proprio vicino all’ingresso. Devo decidermi a fare qualcosa”. 

“Sposto subito i bidoni in un posto meno in vista e disegno una pianta del cortile in scala, così posso riorganizzare spazi e accessi in modo razionale e bello da vedere”. 

Paura del cambiamento

Cambiare è difficile, significa abbandonare la "zona di confort” che ci è abituale per avventurarsi in un luogo sconosciuto.

Il cambiamento è un evento che ha la forza di modificare le nostre rassicuranti abitudini, di toccare le nostre leve emotive e psicologiche più profonde.

Non ci soffermiamo, ora, a trattare tutti gli aspetti del cambiamento, ma ci limiteremo a valutarne gli effetti all’atto pratico.

Quando dobbiamo scegliere fra un modo di agire abituale e uno nuovo, di solito è più rassicurante replicare azioni e comportamenti già sperimentati. Per esempio:

  • se incontriamo delle persone a una festa, probabilmente ci avviciniamo a chi conosciamo già;
  • se dobbiamo fare un acquisto, per prima cosa ci rechiamo in un negozio dove abbiamo già comprato in precedenza;
  • se dobbiamo attraversare la città per recarci in un posto nuovo, di solito percorriamo le strade conosciute, e così via.

Spesso, percorrere la strada (in senso lato) già percorsa - ripetere cioè scelte simili a quelle fatte in precedenza - è semplicemente una forma di “pigrizia” mentale.

Ognuno di noi ha una naturale tendenza a volersi impegnare poco, a spendere poco “del suo”, a rischiare il meno possibile. In altre parole, a risparmiare le proprie risorse ed energie per timore di un’emergenza futura.     

Mantenere le stesse abitudini non richiede alcuno sforzo da parte nostra; non ci costa energia e volontà; non turba lo stato di quiete intima della nostra persona.

 

Al contrario, il cambiamento richiede impegno e coraggio, genera ansia, spaventa e sfida la nostra pigrizia mentale.

La buona notizia è che all’azione si fa l’abitudine. Le prime volte faremo fatica, ma poi, con l’esercizio e l’esperienza del successo, agire senza titubanze diventerà un nostro tratto abituale.

 

Per concludere

Il tempo delle scuse e delle giustificazioni è finito. Basta prendersi in giro, passiamo all’azione!

Nel nostro paese tutti parlano, rimandano e trovano scuse per non fare; soprattutto chi non ha esperienza specifica, dice agli altri cosa dovrebbero fare.     

Gli strumenti per il successo, inteso come normale e sana conduzione del nostro business o della nostra vita, li abbiamo già acquisiti da innumerevoli corsi, riunioni e articoli letti qua e là.

È il momento di passare ai fatti, senza pretendere cose straordinarie. Miriamo ad azioni che possiamo fare e che sono alla nostra portata, che veramente portino cambiamenti.     

Facciamo tutti un esame di coscienza e valutiamo la nostra reale capacità di passare all’azione. La domanda che dobbiamo porci, è: 

 

“Siamo pronti a dare piuttosto che ricevere, nel senso di trovare tutto fatto?”

  

È finito il tempo delle parole, delle riunioni fiume, delle soluzioni complesse. Non c’è più nulla di nuovo da dire, se non passare all’azione con semplicità e parlare, semmai, dei risultati ottenuti.