Perdere il lavoro - Parte II

Il coraggio per lasciare il lavoro dovete trovarlo da soli, nessuno vi aiuterà.

È pur vero che la permanenza in azienda vi ha sviliti, ha spento in voi l’entusiasmo, l’iniziativa, il coraggio, la sicurezza e la sanità mentale.

I vari meccanismi sociali fra dipendenti seguono uno schema malsano di guerra fredda di sopravvivenza, sopraffazione da parte dei più prepotenti, esasperazione dei ruoli, amicizie fittizie, affiliazioni fra gruppi, quasi fossero bande o branchi animali… ma nulla di tutto ciò ha a che fare con il reale valore aggiunto per l’azienda!

Eppure, uscire da questa situazione è semplicissimo, potete farlo anche adesso: basta andare all’ufficio del personale e consegnare un semplice foglio di carta che recita:

 

“… a far data da oggi, rassegno le mie dimissioni dall’incarico di…”

 

Fatto, semplice vero? Ancora quella sensazione di fastidio al solo pensiero di fare una cosa simile…

 

Questo non siete disposti a farlo. Invece, siete pronti a lamentarvi tutto il giorno, a portare a casa scontento e stress e a sfogarvi con i vostri cari, a prendere pillole per la gastrite, farmaci per la depressione, ansiolitici per l’esaurimento nervoso e così via.

 

Abbiamo illuminato esattamente la linea sottile di confine, il punto che separa i due mondi, il dilemma che, prima o poi, tormenta ogni lavoratore insoddisfatto: da una parte il dipendente frustrato, dall’altra il mondo e la libera espressione del proprio Io. 

Valore aggiunto del dipendente

Avete provato sicuramente ad arrivare a casa la sera, dopo una giornata di lavoro, e chiedervi:

 

“Ma oggi, cos’ho fatto io in concreto per l’azienda?”

La risposta, nella migliore delle ipotesi, è: "Nulla."

In realtà avete:

  • lavorato tutto il giorno;
  • usato il telefono;
  • fatto fotocopie;
  • utilizzato strumenti, utensili e programmi.

Ma il vostro operato - a causa delle normali condizioni di lavoro - non è risolutivo, è soltanto un passaggio di un lungo iter di lavoro che continuerà in altri reparti, per finire chissà dove, dopo chissà quanto tempo.

Nella maggior parte dei casi, il dipendente medio procura all'azienda un valore aggiunto assai modesto. I tempi per vedere il risultato concreto del vostro lavoro sono spesso molto lunghi.

Lavorazioni e pratiche devono passare da più reparti, da più persone, e a ogni passaggio si aggiungono lungaggini incredibili. L’operato concreto delle giornate di lavoro di un dipendete è veramente basso.

 

"Se progetti deliberatamente di essere meno di ciò che sei capace di essere, allora ti avviso che sarai infelice per il resto della tua vita."

(Abraham Maslow) 

 

Se le attività fossero davvero organizzate come si deve, basterebbero meno persone… ma questi sono altri discorsi e si entra nell’area della politica, dei sindacati e del mondo dell’occupazione.

Fare solo quello che sappiamo fare bene e abbiamo voglia di fare. Non sarebbe fantastico? 

Utopia? Certo, ma pensate per un momento ai vantaggi per le aziende e per i lavoratori.

Non sarebbe più proficuo per la società se ciascuno di noi facesse quello che lo appassiona e sa veramente fare bene?


  • Se mi piace fare la mamma, perché non posso farlo per i miei figli e per i figli degli altri?
  • Se sono portato per la contabilità, perché non posso fare questo come lavoro?
  • Se amo lavorare in giardino, cucinare o dipingere, perché non posso mantenermi facendo soltanto questo?
  • Se mi piace ascoltare musica tutto il giorno, perché non posso farne un lavoro? Anche a costo di guadagnare meno!

Ma lasciamo le utopie e ragioniamo per il singolo, al quale questo testo è rivolto. 

Un salto nel vuoto

Lasciare il lavoro. Basta razionalità, basta ragionamenti, basta elucubrazioni, basta pensare a tutti gli scenari possibili, ci vuole coraggio per fare il balzo nell’indipendenza!

Pensate alla prima volta che vi siete gettati in piscina dal trampolino. Certo, era spaventoso, ma non potevate farlo senza buttarvi!

Non serve pensarci e riflettere: se dovete imparare a nuotare, buttatevi e iniziate a darvi da fare, non c’è altro modo!

Il passo di lasciare il lavoro non avviene certo a cuor leggero. C’è sempre una certa ansia. È naturale, avete ancora in testa quella vocina che vi sussurra: 

 

“La sicurezza… la sicurezza…”

 

La sicurezza dovete avercela dentro, nessun posto fisso o prospettiva di carriera ve la possono dare! Dovete essere sicuri di voi stessi, delle vostre reali capacità, della vostra voglia di fare, intraprendenza e coraggio!

Dalla vostra avete valori, ambizioni, una visione del mondo completa, la voglia di lavorare onestamente e un certo savoir-faire acquisito da un’attenta osservazione del mondo.

Inizialmente per avviare un’attività che procuri reddito bastano uno o due contatti di lavoro. La liquidazione dell’azienda e pochi risparmi vi aiuteranno nei primi passi da “persone libere”, dopo l’uscita dal carcere.

Un grande passo

Avete fatto un grande passo, ora iniziate a respirare. È il momento in cui cominciate veramente a vivere!

Sono sufficienti pochi giorni di lontananza dal lavoro per rendervi conto che le ultime battaglie in azienda erano inezie a confronto della vita vera e di quello che conta veramente.

Avete lasciato l’azienda. Ora guardatevi indietro: i soliti discorsi e i soliti colleghi sembreranno subito piccolissimi, formiche insignificanti di fronte alla vite reale, dove chi conta veramente siete voi stessi.

Chi è responsabile di tutto quello che succede ora: voi stessi. Non potete più incolpare il vostro capo o i colleghi, ora non avete scuse! La responsabilità è soltanto vostra.

Tutto diventa subito grandioso. Cominciate ad apprezzare le piccole libertà, oltre a quella sensazione impagabile che il tempo è totalmente vostro, ne siete i principali e unici gestori.

Non c’è l’assillo di arrivare in azienda in tempo, prima dello scatto del conta-ore, del permesso, della giustificazione… siete liberi!

È una sensazione magnifica.

Il tempo passa, ma ricordate… Nessuno ve lo paga, quindi dovete sfruttarlo al meglio e cominciare subito a darvi da fare: questa volta non avrete il solito stipendio garantito a fine mese!

Dopo le dimissioni

Avete lasciato l’azienda e vi dirigete in mare aperto. Guardare indietro, verso il vostro vecchio posto di lavoro, è una sensazione incredibile. Vedete la vostra ex azienda allontanarsi come un’isoletta nel mare.

Soltanto ora ne percepite tutta la piccolezza. Se proprio vi sentite insicuri e impauriti, potete sempre pensare di tornare indietro a nuoto e chiedere asilo, ma questo deve restare solo un pensiero rassicurante, non un progetto concreto!

Il film “L’urlo dell’odio”

Avete mai visto il film “L’urlo dell’odio” con Anthony Hopkins e Alec Baldwin (1997)? Narra di un gruppo di persone sperdute in Alaska a causa di un incidente aereo.

L’Alaska è uno scenario simbolico. La bellezza maestosa del paesaggio, la sceneggiatura, la bravura di Hopkins rappresentano tutte le difficoltà che incontra l’uomo civile costretto all’improvviso a ritornare a vivere nella natura selvaggia.

Possiamo fare un parallelo con il dipendente che si trova tutto a un tratto da solo, a doversi difendere e procurare il cibo nello splendido territorio dell’Alaska, dove le regole per sopravvivere sono ben diverse rispetto all’azienda.

Il dipendente per la prima volta è solo con le proprie forze e capacità in questo mondo selvaggio: non c’è più nessuno che lo protegga, che gli fornisca lo stipendio ogni fine mese.

 

L’analogia intrigante è questa: l’uomo moderno ha dimenticato come vivere nella natura, così come il dipendente non è più capace di procurasi un’attività di successo fuori dall'azienda.

  

Nel film, Hopkins afferma che la maggior parte degli uomini morirebbe di fame se all’improvviso si trovasse in una situazione estrema, senza ristoranti, senza camerieri, senza casa e comodità, anche se la natura generosa offre assolutamente tutto quello che serve per sopravvivere: acqua, cibo, riparo, utensili.

Paradossale, vero?

Non è la natura matrigna, è l’uomo che ha dimenticato come cavarsela da solo, come sopravvivere e nutrirsi. Sono l’insicurezza e la paura dell’uomo che gli impediscono di reagire e di darsi da fare come ha sempre fatto in natura.

Una riflessione

Eppure, pur di farvi assumere, non avevate forse cercato un lavoro con tutte le vostre forze, sfruttando tutte le possibilità e le vostre conoscenze?

Non vi siete forse presentati al meglio ai colloqui, pronti a mentire e a promettere meraviglie?

Il tempo passato in azienda come dipendenti vi ha reso pigri, l’azienda-chioccia ha annullato in voi ogni iniziativa, ogni capacità.

Ora che avete lascito l’azienda, non dovete forse attingere a tutte le vostre risorse? Dove sono finite le vostre capacità?

Non è più importante lavorare per voi stessi che per altri? Ora che dovete creare un’attività per voi stessi, non ne siete più capaci.

Il giorno dopo le dimissioni

Avete fatto il grande passo e lasciato il lavoro. Un macigno sullo stomaco.

Il peso di questa decisione si fa sentire qualche giorno dopo, passata l’euforia dei saluti e degli auguri da parte dei colleghi.

Adesso tutti vi invidiano: ma se sono così invidiosi, perché non lo fanno anche loro?

Finalmente ve ne siete andati, non prima di aver detto tutto quello che pensate dell’azienda, dei colleghi e soprattutto dei capi. Respirate a pieni polmoni l’aria fredda e pura della libertà.

Tutta questa libertà e responsabilità improvvise sono scioccanti. Vi siete tolti un peso, eppure non siete ancora completamente tranquilli.

Cala il sipario, si calmano le acque e viene il silenzio. Ora siete soli e per la prima volta vi rendete conto davvero di quello che avete fatto.

Soli con le vostre forze, non quelle fisiche ma quelle dell’animo e della motivazione.

Vi aspetta una nuova vita, non più come dipendenti in azienda, ma come liberi professionisti, imprenditori, artigiani, cuochi, ballerini, musicisti, esploratori… non ci sono più limiti a quello che potete fare!

Vi avviate con coraggio e determinazione verso la vostra nuova vita sapendo bene che non potrete più tornare indietro.